Martedì 12 marzo 2024 il giornalista Alberto Cerruti è stato invitato nella 5^B della Scuola Ariberto per una lezione di giornalismo e di calcio. <Qual è l’intervista che ti ha più emozionato? E quella meno interessante? Qual è il personaggio più famoso che hai conosciuto? Che cosa pensi del cartellino blu? E dello stadio San Siro che vogliono togliere a Milano, che cosa ne dici?… >
I ragazzi avevano preparato tantissime domande.
<Mi fa molto piacere essere qui perché questa è la scuola che anch’io ho frequentato da bambino, e questo è il quartiere nel quale sono cresciuto. Auguro anche a voi di tornare qui da grandi ricordando quello che avete fatto, sarebbe un bellissimo giorno.
Io sono molto fortunato perché ho realizzato il sogno della mia vita. Da ragazzo, infatti, sognavo di lavorare per “La Gazzetta dello Sport” sulla quale ho scritto per quarantanove anni e mezzo. Non dico cinquanta perché amo la precisione, essere precisi nella vita è importante, soprattutto quando si scrive e si riportano le notizie, non va bene dire “mi pare” o “mi sembra”, bisogna essere sicuri>.
Poi ha iniziato a rispondere alle domande, mentre i ragazzi lo ascoltavano con molta attenzione.
<Interviste ne ho fatte tante ma quella che mi ha emozionato di più è stata un “colpo giornalistico”, cioè l’intervista esclusiva a Maradona nel 1983, quando giocava nel Barcellona. Sono stato il primo giornalista italiano a conoscerlo. Ho sempre cercato di fare cose difficili e sono riuscito a intervistarlo grazie all’amicizia con Passarella che era il suo capitano nella nazionale argentina. Ho così potuto parlare al telefono con Maradona quando non poteva uscire di casa perché era bloccato dall’epatite virale. Da quel giorno ho stabilito con lui un ottimo rapporto che si è mantenuto nel tempo.
L’intervista meno interessante? Non me la ricordo perché non essendo interessante probabilmente l’ho rimossa.
Il personaggio più importante è stato sicuramente Silvio Berlusconi, che ho intervistato più volte come presidente del Milan. Di lui ricordo il grande entusiasmo, la straordinaria generosità e il rispetto per il mio lavoro. Per questo gli sono molto riconoscente. La gratitudine verso chi ci ha aiutato è una qualità molto importante nella vita>, ha aggiunto.
Ha poi mostrato ai bambini alcune pagine della Gazzetta com’era all’inizio, e ha spiegato come un pezzo venisse trasmesso via telefono prima di andare in stampa.
Ha parlato dei vari colori dei cartellini che l’arbitro usa durante le partite. I nuovi colori sono stati sperimentati ma, dal momento che richiedono dei tempi di attesa fuori dal campo di difficile gestione, si sono rivelati, a suo parere, un’inutile complicazione. Per il momento rimarranno soltanto quelli gialli e rossi.
Lo Stadio San Siro, ha detto, fa parte della storia sportiva e culturale della nostra città e dovrebbe restare la casa del calcio. Purtroppo ci sono interessi economici dietro alla volontà di non usarlo più.
I ragazzi hanno anche chiesto se come giornalista fosse mai stato chiamato “ficcanaso”, o se avesse avuto qualche disavventura durante le sue interviste. Lui ha raccontato di quando aveva scritto che un calciatore, secondo lui, era ormai alla fine della carriera, e per questo era stato un po’ malmenato. In seguito però con questo giocatore c’è stato un chiarimento e tra loro è nata un’amicizia che dura tutt’ora.
Alberto ha concluso raccomandando ai ragazzi di tifare per la propria squadra e mai contro l’avversario perché nello sport la lealtà e il rispetto sono qualità fondamentali.
Il pomeriggio è volato e gli alunni hanno ascoltato ogni parola con attenzione. Poter fare domande a un vero giornalista sportivo, e anche sentire le parole di un ex alunno della loro stessa scuola che ha realizzato il suo sogno da ragazzo, è stata un’esperienza istruttiva ed emozionante.
0